Il primo passo verso la Procreazione Medico Assistita (PMA): tra cicli mancati, domande e nuovi inizi

📌 Disclaimer personale
Questo articolo fa parte del mio racconto continuo sulla battaglia contro l’infertilità. Nei capitoli precedenti ho ripercorso l’origine del mio percorso: la diagnosi di HPV, il trauma della conizzazione, la isteroscopia, gli anni di tentativi naturali andati a vuoto, le relazioni interrotte, la speranza che si spegne e poi si riaccende. Ora entro in una nuova fase della mia storia: quella in cui la ricerca di un figlio smette di essere lasciata al destino e inizia a passare da camici bianchi, aghi, numeri, percentuali e tempi ospedalieri. Questo è l'inizio del mio capitolo più complesso: quello della PMA.

Dal 2019 sono in una relazione con Valentino.
Non è mai stata una storia “lineare”. Io e lui abbiamo due caratteri forti, testardi, a volte orgogliosi. Abbiamo attraversato momenti bellissimi e altri in cui sembrava che i nostri modi di vedere il mondo fossero troppo distanti. Ci siamo scontrati più volte, anche duramente. Eppure, nonostante tutto, non abbiamo mai smesso di scegliere di restare, di parlare dopo il silenzio, di cercare un modo per incontrarci a metà strada.
Col tempo abbiamo trovato un equilibrio che non è perfetto, ma è nostro.

Quando è arrivato il Covid, abbiamo deciso di andare a convivere. Forse perché la vita ci stava obbligando a guardarci davvero, forse perché sentirsi soli in mezzo a una pandemia mondiale faceva più paura del rischio di condividere lo stesso tetto. E così è stato: abbiamo costruito una routine fatta di colazioni lente nel weekend, serie TV divorate sul divano, pane e pizza sfornati come se fossimo panettieri… e pianti che il lockdown ci tirava fuori quando meno ce l’aspettavamo.

Poi è arrivato Murph, un volpino di Pomerania piccolo, buffo e totalmente dipendente da noi.
E lì qualcosa è cambiato. Nel prendermi cura di lui ho sentito qualcosa riaccendersi.

Prendersi cura di un essere che ti guarda come se fossi il suo universo ti mette davanti a una nuova forma d’amore: più responsabile, più fragile, più profonda. E credo che anche in Valentino si sia accesa una scintilla.

Non c’è mai stata una frase tipo “Facciamo un figlio?”. Non è stato un momento preciso.
È stato piuttosto un sentimento che è cresciuto piano: il desiderio di prenderci cura, insieme, di qualcuno.

Murph

Il ritorno di un desiderio (e il ricordo di una ferita)

Nel 2022 abbiamo deciso di smettere i contraccettivi e lasciare che fosse la vita a fare il suo corso. Non abbiamo iniziato con ansia o calcoli. Non c’era ancora un calendario sul frigorifero o test di ovulazione in bagno. Solo un tacito accordo: “Se è destino, arriverà.”

Ma dentro di me non era tutto così semplice.

Il pensiero di quei tentativi del 2015, finiti in un nulla carico di domande, tornava ogni tanto a bussare. Allora mi ero raccontata che forse non era “il momento giusto” o che forse non era “la persona giusta”. Era un modo per proteggermi da una paura che già allora non avevo il coraggio di chiamare con il suo nome: infertilità.

Questa volta, però, ero consapevole.
Questa volta non potevo più nascondermi dietro un “forse non era destino”.

Per qualche mese ho sperato in silenzio.
Poi ho iniziato ad ascoltare il mio corpo e a non capire.
Cicli irregolari. Ritardi. Anticipi. Nessun indizio.
E quel fastidioso, sottilissimo pensiero: “E se…?”

La decisione di chiedere aiuto

I mesi passarono lentamente, come quando guardi una clessidra e ti accorgi che ogni granello è un pensiero in più. Ormai non stavo più “aspettando che accadesse”, ma aspettavo di capire quando sarebbe stato il momento di dire ad alta voce:

“Ok… forse qualcosa non sta andando come dovrebbe.”

Non c’è stato un evento preciso, nessun momento drammatico. È stato un lento, continuo accumularsi di sensazioni. Il corpo non parlava. Io non sentivo cambiamenti. Ogni ciclo arrivava col suo passo irregolare, lasciando una traccia di delusione che cercavo di non mostrare troppo.

Intanto, cercavo conferme. Ne parlavo sottovoce con chi poteva capire. Un pomeriggio, durante una chiacchierata con la mia amica Mimma, mi confidai:

«Secondo me c’è qualcosa che non va… non voglio aspettare troppo.»

Lei mi ascoltò con una calma che solo chi c’è già passato può avere. Mi disse che anche lei aveva vissuto qualcosa di simile, mi raccontò brevemente il suo percorso e poi mi fece il nome: Istituto Clinico Città Studi, a Milano.

Ricordo ancora la sensazione che ho avuto nel sentire quelle parole: sicurezza.
Come se improvvisamente la paura non fosse più un muro, ma un corridoio con una porta in fondo. Una porta da aprire, sì, ma almeno c’era.

Ne parlai con Valentino una sera normale, senza sceneggiature. Ero pronta a spiegargli tutto, a doverlo forse convincere, a mostrargli i miei timori. Ma lui mi ascoltò e mi disse semplicemente:

«Vediamo, facciamo tutti i controlli così capiamo.»

Con tranquillità. Senza dramma. Senza far finta che fosse una passeggiata, ma neanche trattandola come una sentenza. Lui era pronto. Io… quasi.

L’ingresso in clinica – quando varchi una porta e non sai ancora che non sarai più la stessa

Un lunedì mattina di primavera, ho composto il numero dellIstituto Clinico Città Studi. Ricordo che ho respirato prima di parlare, come se dovessi annunciare qualcosa anche a me stessa. Ho chiesto un appuntamento nel reparto di Procreazione Medicalmente Assistita.

Sentire pronunciare dalla segretaria la sigla “PMA” ad alta voce mi ha fatto uno strano effetto. Era come se fino a quel momento fosse stata solo una parola in sospensione, ma ora diventava un indirizzo, una data, un “ci vediamo qui”.

All’appuntamento siamo andati insieme, io e Valentino. Non c’era ansia tra noi, ma nemmeno leggerezza. C’era una consapevolezza composta, come quando capisci che è il momento di fare sul serio, ma ancora non conosci il prezzo emotivo del percorso che stai per intraprendere.

La dottoressa che ci ha ricevuti era diretta, professionale, competente. Parlava in modo chiaro, con una voce che metteva tranquillità.
Ci ha ascoltati. Ci ha fatto qualche domanda. Non giudicava, non consolava. Prendeva appunti.

Poi ha preso un foglio e ha iniziato a scrivere.

📍 Per lui:
– Spermiogramma
– Esami sierologici
– Test genetici

📍 Per me:
E lì non ha più scritto a elenco breve, ma ha iniziato un elenco lungo, dettagliato, quasi chirurgico.

Pap test.
Esami sierologici.
Test genetici.
Ormoni tiroidei (TSH, FT3, FT4).
Ormoni riproduttivi (FSH, LH, AMH, estradiolo).
Tampone vaginale e cervicale.
Ecografia mammaria.
Esami sangue completi.
Controllo glicemico.
… e altri ancora.

Guardavo il foglio e mi sembrava che si stesse scrivendo, riga dopo riga, il riassunto non solo del mio corpo… ma di tutto quello che avevo attraversato per arrivare lì.

Poi ci ha spiegato che, fatti tutti gli esami, ci saremmo rivisti per decidere il tipo di PMA adatto al nostro caso.

Valentino non si limitò ad annuire. Lui è fatto di logica e schemi, ha bisogno di capire, incasellare, prevedere.
Appena la dottoressa iniziò a parlare di possibilità, livelli, percentuali, tempi, lui partì con le domande:

“Quali sono le probabilità di riuscita?”,
“Quanto pesa il fattore cervicale?”,
“Quali sono gli effetti collaterali dei farmaci?”,
“Cosa comporta un ciclo ormonale su di lei?”,
“Dopo quanti tentativi si cambia approccio?”

Voleva i numeri, le variabili, i possibili scenari. Lui cercava di conoscere l’inconoscibile, di prevedere l’imprevedibile, di ordinare qualcosa che ancora non aveva un inizio tangibile.

Io, invece, ero lì a trattenere il respiro.

Quando uscimmo, lui aveva in testa parametri, possibilità e una prima idea del “percorso da seguire”.
Io tenevo quel foglio stretto come se fosse il primo capitolo di qualcosa che ancora non sapevo quanto sarebbe stato lungo, doloroso o trasformativo.

Fuori, Milano continuava a vivere come se nulla fosse. La gente camminava veloce, i bar servivano caffè, il traffico scorreva. Io guardai quel foglio e dentro di me pensai solo:

“Ok. Ora è davvero iniziata.”

pma
Valentino ed Io

La fase dei controlli: quando il corpo diventa un cantiere da analizzare

Dopo la prima visita, non è successo nulla di eclatante. Nessuna terapia, nessun farmaco, nessuna corsa contro il tempo. Solo esami. Tanti esami.

Era come se il mio corpo fosse diventato un dossier da compilare. Ogni prelievo, ogni tampone, ogni controllo contribuiva ad aggiungere una pagina in più. Nel frattempo, cercavo di continuare a vivere normalmente, ma con quella lista che mi viaggiava in testa come una check-list medica che non lasciava spazio alla leggerezza.

Valentino fece i suoi esami in tempi rapidi, con la praticità che lo contraddistingue: appuntamento, referti, invio. Fine.
Io, invece, iniziai un tour tra laboratori, ecografie e visite. C’era un rituale strano in tutto questo: prendi il numeretto, entri, ti fai prelevare sangue, cerchi di ridere con le infermiere per sdrammatizzare… poi esci e ti ricordi che non è un prelievo come gli altri.

Quando tornammo dalla dottoressa con il plico completo, la prima cosa che notò furono i miei valori tiroidei: TSH troppo alto.
Troppo per una gravidanza naturale.
Troppo per iniziare una PMA.
Troppo per far finta che non fosse un problema.

Serviva un endocrinologo. Serviva tempo.

Mi fu spiegato che, finché la tiroide non rientrava in un range accettabile, non si poteva iniziare nulla. E lì ho capito che non bastava “volere un figlio”: bisognava anche essere metabolicamente idonee a desiderarlo.

Così ho iniziato una terapia tiroidea. Visite, controlli, attese. Ogni tre mesi esami, ogni tre mesi una speranza nuova di iniziare. Ogni tre mesi un “non ancora”.

Come se qualcuno avesse premuto “pausa” su una vita che, dentro di me, io sentivo pronta a fare “play”.

📆 Luglio 2023 – La sonosalpingografia: il primo vero banco di prova

Tra gli esami prescritti c’era anche la sonosalpingografia, che la dottoressa mi aveva consigliato di eseguire privatamente per accorciare i tempi. L’ho fatta a luglio 2023.

📌 Cos’è la sonosalpingografia?
È un esame diagnostico che serve a verificare la pervietà delle tube di Falloppio, cioè se sono aperte e funzionali per permettere agli spermatozoi e all’ovocita di incontrarsi. Si esegue introducendo un catetere sottile attraverso la cervice uterina e iniettando una soluzione fisiologica sterile (o un mezzo di contrasto ecografico) mentre l’ecografista osserva, tramite ecografia transvaginale, se il liquido riesce a passare correttamente nelle tube.

📌 Com’è andata per me?
Durante l’esame, il medico confermò subito una cosa già sospettata: la cervice uterina era quasi assente, il che rendeva difficile anche la semplice introduzione del catetere.
La tuba sinistra risultò pervia, mentre sulla destra sembrava esserci un blocco parziale in un punto intermedio. Nulla di completamente ostruttivo, ma abbastanza da far annotare un “flusso rallentato”.

Uscì dall’ambulatorio con un referto che confermava ciò che già temevo: il mio corpo aveva subito più conseguenze di quanto avessi voluto ammettere.

⏳ L’attesa allunga tutto – e arriviamo a ottobre

Con i cicli estremamente irregolari e i tempi ospedalieri diluiti, la chiamata per la isteroscopia diagnostica con biopsia arrivò solo ad ottobre 2023.
Fino a quel momento, erano passati nove mesi di attese, esami, controlli e conteggi ormonali. Nove mesi per capire se il mio corpo fosse almeno in grado di iniziare il percorso.

pma

🔬 19 ottobre 2023 – Biopsia, isteroscopia e una nuova parola: endiometrite

Durante l’isteroscopia, la dottoressa rilevò un sub-setto uterino di circa 8-10 mm (una piccola formazione fibrosa che, a volte, può interferire con l’impianto embrionale) e alcune aree dell’endometrio con segni di sofferenza. Prelevò un campione per l’istologico.

Due settimane più tardi arrivò il referto: endometrite di grado lieve, ovvero un’infiammazione dell’endometrio.

La dottoressa fu tranquilla: un antibiotico sarebbe bastato per risolverla e, una volta sistemata la tiroide e ripulito l’endometrio, avremmo potuto procedere con una PMA di II livello.

📅 Novembre 2023 – Prontezza teorica, impossibilità pratica

A novembre tornammo in ambulatorio con tutti i risultati. Ci venne confermato che eravamo idonei per un percorso di fecondazione assistita. La dottoressa mi disse:

“Quando arriva il prossimo ciclo mestruale, mi chiami e partiamo.”

Il problema era che quel ciclo non arrivava.
La mia tiroide funzionava “a giornate”, i valori oscillavano ancora, e il mio corpo sembrava rifiutarsi di dare un via libera definitivo.

Così il 2023 passò senza che nulla iniziasse davvero, se non dentro la mia testa.

Avevamo un piano.
Avevamo un reparto.
Avevamo un nome: PMA di secondo livello.
Ma non avevamo ancora un giorno 1.

E così, abbiamo dovuto aspettare il 2024.

📍 Ma quello… lo racconterò nel prossimo capitolo.

Babi
Babi
Trent'anni fa, in un piccolo paesino del Brasile nascevo io. Una sorpresa inaspettata, ma che ha riempito la casa di solarità e energia. Vissi lì fino ai miei 17 anni, quando finito il liceo decisi di venire alla avventura in un paese totalmente sconosciuto. Ed ora mi trovo qui, a Milano dove lavoro e studio Marketing Digitale. Mi definisco uno spirito libero, una donna determinata e ambiziosa ma con i piedi per terra. Spesso sento dire che il mio sorriso insieme al mio sguardo trasbordano di allegria...pertanto cerco di mantenere la positività e il buon umore sempre che possibile. La mia più grande passione è viaggiare. Amo incontrare nuove culture, nuovi volti e nuovi posti bellissimi in questo vasto pianeta. Per cui ho creato il blog, per dividere con voi qualche mia avventura, illustrando come ho vissuto ogni città o paese dove sono passata, con piccoli suggerimenti che dal mio piccolo posso darvi per far sì che la vostra vacanza sia speciale come le mie :) Enjoy!

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